Al confine col mio paese sorgeva il famoso casino Slovenia. Famoso perchè tutti, ma proprio tutti lo conoscevano nei dintorni. Quando qualche persona che non conoscevo mi chiedeva di dove fossi, dopo aver sentito il nome del mio paese, commentava “Ah, il paese del casino Slovenia!”. E certo, il nostro paese era famoso solo ed unicamente per quell'edificio. Non importava che avessimo una storia di tremila anni, o che nella nostra regione si producesse un vino eccellente che portava il nome del mio paese, per l'appunto. Ciò che ci rendeva famosi era il casino Slovenia.
Da un lato, l'essere sempre e solo collegati al casino Slovenia mi dava fastidio, mi sentivo come le mucche quando vengono marchiate – io portavo sulla coscia il simbolo del casino. Allo stesso tempo, però, ero grato a quel posto di essere sorto proprio accanto al mio paese perchè aveva provveduto al mantenimento della mia famiglia per generazioni: infatti, mio bisnonno era stato il primo croupier del casino Slovenia, seguito da mio nonno e da mio padre, tutti specializzatisi in quel mestiere. E tutti pagati fior di quattrini per svolgerlo come avevano sempre fatto. Ricordo che, da bambino, andavo fiero di come la gente salutava con rispetto mio padre ogni volta che ci incontrava per strada, come se lui fosse un uomo a parte rispetto al resto della comunità perchè possedeva delle conoscenze che non aveva nessun altro. In effetti, il lavoro del croupier non è facile e non è neanche molto accessibile: i croupiers si comportano come appartenenti ad un circolo chiuso, una specie di setta alla quale è praticamente impossibile accedere se non per legame di parentela.
Quando compii sedici anni, mio padre decise che era giunto il momento per me di iniziare il training che mi avrebbe permesso di prendere il suo posto al casino Slovenia, un giorno. Ma io avevo altri sogni, e gli dissi chiaramente che non ne volevo sapere nulla del mestiere del croupier. Sul momento, non ci credette e dovetti ripetermi altre due volte perchè smettesse di insistere sull'iniziare il training. Alla fine cedette, ma mi tenne il muso per ben due mesi. Io, dal canto mio, non caddi nella trappola del rimorso, e continuai dritto per la mia strada. Studiai molto a scuola, andai all'università e, oggi, sono il giornalista che avevo sempre voluto essere. Scrivo le storie degli altri, e mi piace poter parlare di mio padre e del casino Slovenia, ma non mi pento di certo di aver interrotto la tradizione di famiglia. So che rimanere al mio paese, a lavorare in quel casino, mi avrebbe ridotto ad un uomo a metà. …